Pubblichiamo questo importante articolo già apparso sui media alcuni mesi or sono. Riteniamo che per la nostra causa, di Castione, contributi simili devono essere portati a conoscenza di un più ampio pubblico.
Ringraziamo il Signor Pier Felice Barchi per la sensibilità e l'autorevole parere.
Sperpero del territorio
di Pier Felice Barchi – La Regione, 24.3.2010
Sul ‘GdP’ del 20 marzo è apparso un articolo magistrale di Tarcisio Cima. Ne consiglio la lettura ai
presidenti dei partiti. Ne hanno bisogno.
L’autore prende lo spunto dal proposito di insediare una città-mercato a Castione per denunciare
con dovizia di argomenti lo spreco disordinato del territorio, che è stato compiuto negli scorsi anni
per costruire, tra l’altro, centri commerciali ormai sovrabbondanti.
Il Cantone non ha tratto nessun insegnamento dall’incuria di cui ha dato prova nella
(non)pianificazione ad esempio del Pian Scairolo. Il traffico è talmente intasato e lento da annullare
i vantaggi che i grandi magazzini periferici dovrebbero offrire agli avventori. Per non parlare
dell’inquinamento atmosferico.
Tarcisio Cima definisce una pura illusione la prospettiva di attirare con le città-mercato visitatori
dall’Italia. Basta che il cambio registri un deprezzamento dell’euro per invertire la direzione delle
trasferte transfrontaliere. È quanto successe negli anni 70 subito dopo l’inaugurazione del
Serfontana di Vacallo. Metà degli spazi di vendita rimasero vuoti. Alla società fu accordato il
differimento del fallimento, che sfociò in un concordato con cessione degli attivi, con grosse perdite
per i creditori.
In tema di sperpero del territorio da noi si fatica a capire – questo è il problema fondamentale –
che il Ticino dispone di un territorio pianeggiante veramente esiguo, a differenza di altri Cantoni
come Berna e Soletta, ove si possono comperare terreni in zona industriale ancora per 120 franchi
il metro quadrato. Il che ci impone uno sviluppo selettivo con priorità al turismo e alle
iniziative economiche e di ricerca, di nicchia, innovative e con alto valore aggiunto. Ritenuto
che alla crescita sarà comunque posto un limite, proprio per via della scarsità del territorio.
Il Ticino è purtroppo il paese dell’iperbole per non dire della panna montata. A Castione si vuole
abbinare uno stadio destinato ‘in primis’ alle partite dell’Acb, che registrano un numero
relativamente esiguo di spettatori, con una città-mercato che va dal grande magazzino al
cinematografo multisale e dal fitness ad una cinquantina di negozi. Il solo stadio dovrebbe costare
attorno ai 40 milioni di franchi. L’abbinamento non è economicamente sostenibile. A meno che
l’ente pubblico dispensi ingenti sussidi a fondo perso.
Quando era ancora in discussione la Bellarena di Via Tatti nessuno ha messo in risalto una
elementare e stridente contraddizione. La seguente. Non ci si può lamentare che nei centri ci siano
botteghe vuote, se poi si invogliano i titolari di commerci – dall’ottico al libraio e al farmacista – a
spostarsi in periferia. Quel che stupisce sono la grande incoerenza e contraddittorietà che
caratterizzano l’agire dei governanti, di sindaci, uomini di cultura, dirigenti di associazioni di
pubblico interesse, direttori di associazioni economiche e del parastato. Da un lato Marco Solari
ammonisce correttamente che, se vogliamo attirare turisti, dobbiamo smettere di cementificare per
pura speculazione le zone più pregiate e proteggere i paesaggi e i centri storici. Dall’altro lato vi
sono politici che – pur di crearsi una contingente visibilità ed un’effimera popolarità –
propagandano megaprogetti di torri e altro, che non saranno mai realizzati, già per il fatto che si
faticherebbe non poco a trovare locatari. Se si dovesse per delirio d’ipotesi realizzare tutto quanto
è stato via via annunciato dai media, iniziando da Chiasso per passare a Melide, a Lugano, nel
Bellinzonese e a Locarno, è certo che gli imprenditori perderebbero un sacco di soldi e gli enti
pubblici sarebbero trascinati a fare investimenti a fondo perso. Per fortuna più di un progetto è
stato ridimensionato. È mai possibile che i partiti (salvo i Verdi ed in parte Giuliano Bignasca)
non mettano in agenda l’urgenza di porre un limite ad un disordinato e contraddittorio
sviluppo urbanistico e di non lasciarsi abbindolare da promesse di creazione di nuovi posti
di lavoro, che in realtà sarebbero occupati quasi esclusivamente da nuovi frontalieri? I
partiti temono di scontentare i promotori immobiliari o finanziari di turno, che si fanno forti del
sostegno, effettivo o solo millantato che sia, di gruppi di elettori. Non capiscono che a medio e
lungo termine lasceranno insoddisfatti tutti e che lo scontento attraverserà trasversalmente tutte le
formazioni politiche. Con la conseguenza che l’autorevolezza dei partiti, già oggi incrinata,
calerebbe ulteriormente. V’è da sperare che menti lucide come quella di Tarcisio Cima – che come
si usa dire “bagnano il naso” a molti politici e uomini di cultura – facciano proseliti e si impongano
nell’opinione pubblica. È in gioco un punto fondamentale: quello di non continuare a far male a noi
stessi.