Fra Martino «Luci rosse: c’è chi propone posti letto liberi per i miei bisognosi»
Il cappuccino parla del mondo del meretricio e di chi vuole sempre avere il tutto esaurito

CdT 18.04.2012


EMANUELE GAGLIARDI GIOVANNI MARICONDA
❚❘❙ «In generale quello che mi lascia perplesso è comunque il giro finanziario, enorme, che ruota attorno a questa realtà. E qui vedo un coinvolgimento, seppur indiretto, dell’ente pubblico: colui che in pratica è chiamato a legiferare. Sinceramente ho l’impressione che in qualche modo anche il Cantone ci guadagni, alle spalle di persone che vengono comunque sfruttate. Le prostitute svolgono un lavoro lecito in Svizzera, per il quale vengono tassate, almeno quelle in regola. Anche se su questo particolare tipo di professione viene tuttavia spontaneo sollevare qualche dubbio a livello di moralità». Questa volta fra Martino Dotta, cappuccino da sempre al servizio degli altri, dei bisognosi, dei disperati, dei profughi, di chi non sa dove andare per risolvere il problema del pasto, della cena, di un letto per la notte, si addentra nel mondo della prostituzione e delle luci rosse. Non certo per offrire soluzioni ad un problema, primo fra tutti quello dello sfruttamento, al quale l’autorità cantonale sta, tra l’altro, lavorando da anni: non è bastata infatti una legge, quella del 2001, che ha lasciato in parte irrisolto il fenomeno delle «irregolari». E questo, nonostante la presenza e l’attività di associazioni che si muovono per cercare di aiutare, ascoltare ed affiancare in un percorso di recupero tutte le ragazze che si muovono dentro questo particolare mondo.
Fra Martino Dotta non può, parlando di questa questione, lasciare fuori dalla porta la morale, pur rendendosi conto e sapendo che la prostituzione in Svizzera è ammessa.
Nei contatti che lui ha avuto con donne attive nel mondo della prostituzione ha sempre avvertito un senso di disagio «magari represso perché spesso queste persone alla famiglia lasciata in patria dicono che sono in Svizzera, in Ticino, per lavorare, svolgendo una professione dignitosa. Non di rado mantengono la famiglia, e i figli, nel proprio Paese di origine, grazie alla prostituzione. Vivono quindi in una situazione di mancanza di sincerità, di onestà con sé stesse e con gli altri. Per me questa è una forma, magari nascosta, di degrado umano, di disagio sociale».
Il fatto che chi svolge il lavoro di prostituta in Svizzera non dica a casa, in patria, in che modo si garantisca il proprio sostentamento è una realtà e ci è stata confermata da diverse ragazze, occupate nei bordelli ticinesi, che nel corso degli anni abbiamo intervistato. Più di una ci ha confidato che un familiare (solitamente un fratello o una sorella) qualche dubbio sulla realtà del lavoro svolto in Svizzera lo ha avuto, soprattutto vista la consistenza delle somme inviate a casa e gli investimenti effettuati magari a livello immobiliare.
«Quel che mi lascia perplesso – continua fra Martino – sono le continue sollecitazioni che diverse persone attive in questo campo (gestori di pensioni ed affittacame­re che accolgono ragazze e trans attivi nel mondo delle luci rosse, come pure chi affitta gli appartamenti in cui viene esercitato il meretricio) mi fanno per poter accogliere nelle loro camere sfitte gente in cerca di un alloggio per la notte o per più giorni: anche gente in assistenza e richiedenti l’asilo. Gestori ed affittacamere che evi­dentemente non vogliono avere stanze libere bensì il tutto esaurito». Fra Martino ovviamente non ha inviato in queste strutture a luci rosse chi gli chiedeva aiuto nella ricerca di un alloggio. «Sinceramente fatico – sottolinea – a immaginare che una persona metta a disposizione di altri il proprio corpo per denaro e per mero piacere. Constato poi l’effettiva difficoltà per un valido intervento di protezione quando ci sono segnalazioni di violenze sulle persone che si prostituiscono, in particolare se sono straniere, checché ne dica l’autorità: la difficoltà che mi viene soprattutto segnalata è quella di non avere sufficienti posti nelle strutture adibite alla protezione di queste donne. A me giungono richieste in questa direzione, in modo indiretto, anche da operatori che lavorano in associazioni attive in questo particolare ambito: vorrebbero avere a disposizione appartamenti protetti per poter collocare chi chiede aiuto».
Un mondo sempre più spietato
Una fotografia, cruda, di questo mondo, in cui non emergono gli aspetti soggettivi e le difficoltà incontrate da chi quotidianamente esercita il mestiere, è poi quella che giunge dalle statistiche delle forze dell’ordine. Dati alla mano, i controlli effettuati nel 2011 all’interno dei locali a luci rosse, pubblici o privati, hanno portato all’identificazione di 828 persone (704 donne e 124 uomini), di cui 143 denunciate per infrazione alla Legge stranieri ed esercizio illecito della prostituzione. Sono anche stati segnalati al Ministero pubblico i gerenti e i responsabili di società gestori degli esercizi pubblici che hanno commesso reati legati all’attività dell’esercizio pubblico (infrazione alla Legge stranieri) e all’inosser­vanza delle risoluzioni municipali (disobbedienza a decisioni dell’autorità).
A partire dai primi mesi del 2012 si è poi registrato un giro di vite da parte di Polizia e Magistratura. Tra gli obiettivi prefissati: quello di frenare l’avanzare del racket sul mondo della prostituzione: un’ombra annunciata anche da episodi di violenza che spesso rischiano di rimanere sommersi poiché chi li subisce preferisce non sporgere denuncia. Adesso, dunque, la violenza che trasuda dal mondo delle luci rosse comincia a preoccupare forse più di prima.

 


L’allarme : Constato la difficoltà di proteggere chi si prostituisce in caso di violenze
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