http://www.caritas.it/documents/25/2197.pdf
Dal libro
“La tratta infame: la prostituzione delle donne straniere”
a cura di Maurizio Ambrosini e Sara Zandrini
Edizioni In Dialogo (Caritas Ambrosiana, Milano)
LE PAROLE CONCLUSIVE DEL CARDINALE CARLO MARIA MARTINI
La gravità e la complessità del tema “prostituzione” sta acquistando dimensioni allarmanti e una visibilità tale da riproporre, accanto alle molteplici situazioni di sfruttamento, il problema del vuoto e del degrado etico-culturale, purtroppo diffuso nei comportamento quotidiani di molte persone. Ma se il fenomeno raggiunge livelli drammatici e se la criminalità organizzata investe tanto in questo traffico turpe, non possiamo sottovalutare la domanda da parte dei cosiddetti “clienti”.
Di qui la necessità di una prevenzione: essa consiste principalmente nell’affidarsi a un compito formativo e di sensibilizzazione, capace di restituire la sessualità e le relazioni affettive a un contesto di senso e di orientamenti etici. Con urgenza si invoca perciò una inversione di tendenza rispetto a una diffusione – più o meno compiaciuta – di modelli che si appellano a una pseudo – concezione di libertà e, di fatto, finiscono per rendere tutto mercato o commercio. Mi sembra paradossale che la dialettica sociale di fronte a questa tematica scelga solo la strada meramente repressiva o di rassegnazione, tesa semplicemente a garantire e proteggere. Siamo, al contrario, tutti interrogati su come diffondiamo cultura, modi di vivere e di porsi, ed educhiamo ai rapporti anche affettivi. In proposito, l’educazione cristiana si sente sollecitata a farsi testimonianza convincente e appassionante.
Penso inoltre che vada denunciata con forza qualsiasi giustificazione di una concezione del corpo ridotto a “merce”, e quindi il fenomeno della prostituzione richiede una condanna primariamente sotto il profilo etico.
Indubbiamente il diffondersi del traffico delle donne per sfruttamento sessuale esige interventi urgenti, proprio perché presenta oggi caratteristiche tutte nuove. Nella recente Conferenza Internazionale di Vienna sul traffico delle donne, alcune realtà operanti nel campo dell’assistenza e alcune associazioni di ricerca hanno stimato che in Italia sono coinvolte almeno 26.000 donne, di cui 4.000 in Lombardia. E gli studiosi del problema descrivono un’evoluzione della modalità di provenienza: prima dal Sud America, poi dall’Est Europa, con la recente esplosione dell’arrivo di donne dalla Nigeria e dall’Albania, e un reclutamento fondato in prevalenza sull’inganno e la contrazione di un debito. Attualmente, per di più, l’età si è abbassata e moltissime giovani e ragazze non hanno la minima consapevolezza delle condizioni di schiavitù a cui saranno costrette. Si tratta di un fenomeno strettamente legato all’immigrazione clandestina, organizzato in molteplici modi, ma sempre costruito con un sistema criminale che utilizza la violenza e conduce alla schiavitù. Dunque, in una società avanzata come la nostra, si ripropone una vera tratta delle donne, che non può non impressionarci.
Occorrono al più presto interventi sia sul piano legislativo a livello europeo, sia dal punto di vista di sostegno e aiuto alle vittime desiderose di uscire dal traffico. Per questo riteniamo importante prevedere la possibilità di fornire ad esse protezione adeguata, possibilità di soggiorno per motivi umanitari, lavoro; mi auguro che venga incrementato e qualificato tutto l’impegno di accoglienza da parte delle istituzioni, del privato sociale, del volontariato, con l’offerta di servizi di ascolto, orientamento, accompagnamento in un progetto di autonomia e di eventuale rientro in patria delle vittime.
Lo sforzo di molti – e penso in particolare a quello che la Caritas diocesana sta promuovendo nella Chiesa ambrosiana – va incoraggiato e sostenuto. Contemporaneamente, bisogna sviluppare una azione repressiva nei riguardi delle organizzazioni criminali gestite da persone senza scrupoli, offrendo la garanzia prevista dalla legge a chi denuncia i trafficanti, puntando alla requisizione dei loro beni – magari riutilizzandoli a favore delle vittime -, applicando rigorosamente le pene per il reato di favoreggiamento, ingresso illecito di clandestini con l’aggravante dell’incitamento alla prostituzione e allo sfruttamento.
E’ evidente che tutto ciò richiede anche e soprattutto una deterrenza sul piano delle coscienze, un lavoro formativo e culturale che renda sempre più illegittimo, a livello del costume, il ricorso allo sfruttamento sessuale. Occorre opporsi a qualsiasi atteggiamento rassegnato e addirittura legittimante la riapertura delle “case chiuse” o la creazione di “zone apposite”. Non soltanto non sono proponibili a livello etico, ma di fatto finirebbero per disincentivare la lotta alla prostituzione, che non scompare perché non visibile, bensì se è delegittimata a livello della coscienza e del vivere.
Di nuovo torna l’importanza del tema formativo, della rivalutazione della donna e della sua dignità, i riferimenti ad un uso responsabile della sessualità. Nello specifico è necessaria una coscienza sempre più attenta del fenomeno, senza concedere spazio a descrizioni approssimative, superficiali e umilianti per le donne stesse.
In tale contesto è decisivo il ruolo dei mass media, il come si informa e si affronta il problema.
Da ultimo non può mancare un forte richiamo alla responsabilità dei “clienti” in quanto alimentatori di una forma di schiavitù. Non vorremmo trovarci davanti al paradosso di cittadini che, mentre reclamano interventi repressivi della prostituzione, contribuiscono a coltivarla nei comportamenti privati.
In conclusione, auspico che tutto quanto si sta portando avanti in questo campo venga sostenuto e qualificato, coinvolgendo anche le istituzioni alle quali chiediamo di impegnarsi nell’appoggiare progetti di prevenzione e solidarietà che non imbocchino unicamente scorciatoie repressive o propagandistiche.
Come Chiesa Ambrosiana assicuriamo una rinnovata attenzione sul piano pastorale e formativo, e affidiamo alla Caritas il compito di promuovere e coordinare gli interventi specifici già avviati e che dovranno sempre meglio qualificarsi e crescere.
+ Carlo Maria Card. Martini