L’ospite
Prostituzione, legalità e impegno civile
La Regione Ticino 11.09.12
di Saverio Snider
Leggendo la stampa in questi ultimi tempi e ascoltando non poche dichiarazioni di politici locali, c’è quasi da pensare che nel nostro Paese in ogni Comune che si rispetti debba esserci obbligatoriamente (oltre agli uffici della pubblica amministrazione, la scuola, la casa per l’infanzia e quella per gli anziani, la chiesa, il cimitero, l’acquedotto ecc.) anche il bordello. Un bordello – sia chiaro – dignitosamente in regola con le normative vigenti e con quelle (si spera) prossime venture: permessi dunque formalmente ineccepibili previsti dai piani regolatori, luogo occupato solo
da brave ragazze indipendenti e munite di notificata volontà d’esercitare la loro millenaria professione in completa e consapevole libertà.
Tutto bene, dunque, tutto accettabile, visto che fra l’altro anche ogni proverbiale “paracarro” esistente da Airolo a Chiasso ormai sa che vendere il proprio corpo in Svizzera non è reato. Semmai quel che secca – e a taluni pare sia persino un peccato che così sia – è il fatto che sia ancora reato sfruttare questo genere di commercio, ossia che esistano ancora dei “lacci” penali che impediscano – ad esempio – la tratta degli esseri umani, la costrizione (che vuol dire schiavitù), l’usura, l’illecito profitto senza la possibilità di relativi accertamenti fiscali.
Magistratura e Polizia hanno iniziato negli scorsi mesi un’azione a tappeto per debellare tutto ciò che di illegale gira attorno a questo fenomeno, che ha cifre d’affari non di pochi spiccioli, ma di decine di milioni di franchi incassati ogni anno (soprattutto “in nero”) da pochi, con scarsi investimenti e moltissima “resa”. Sto parlando della cosiddetta “Operazione Domino”, che ha portato in poco tempo alla chiusura di 25 bordelli in Ticino sui 30 prima esistenti, nonché ha fatto condurre in galera più di una persona.
Dal mio osservatorio, ho la netta impressione che contro questa iniziativa delle autorità inquirenti – dopo uno stupore iniziale – sia stata messa in atto a poco a poco, in modo strisciante, una sorta di campagna di delegittimazione. In fondo – è stato insinuato e sostenuto anche palesemente – siamo sicuri che “Domino” abbia portato davvero dei benefici? Siamo sicuri che questi non siano inferiori ai “danni” provocati? Dove andranno adesso le ragazze sfrattate dai loro alloggi abituali? Negli appartamenti? Sui marciapiedi delle pubbliche vie? Meglio, insomma, il passato, meglio i postriboli dove tutto era ed è sotto controllo grazie alla lungimirante e umana disponibilità imprenditoriale di chi li gestisce. Dunque, lasciamo le cose come stavano e stanno, con buona pace di tutti, e per la sacrosanta tranquillità dei cittadini.
Bene, vien da dire. Facciamo così, “tiriamo i remi in barca”, facciamo finta di niente. Facciamo finta che le prostitute non siano sfruttate, che siano tutte donne libere da ogni costrizione, facciamo finta che non venga loro chiesto nessun contributo eccessivo e persino esorbitante per quelle misere camerette che occupano, facciamo finta insomma – candidamente – che anche in questo campo tutto funzioni nel migliore dei modi possibile, e che quattrocento professioniste attive al giorno sia una cifra corretta per una popolazione (neonati e anzianissimi compresi) di 320mila abitanti.
Ma a che pro? Per il quieto vivere? Per la stabilità delle nostre indifferenti coscienze? Per la percezione che in ogni caso il fenomeno non possa essere storicamente cancellato? Oppure per preservare gli affari e la ricchezza di pochi?
In realtà non c’è nulla di peggio al riguardo che far riferimento a questioni di ordine morale. Il moralismo infatti non c’entra per nulla. Ciò che interessa è semmai altro: il mantenimento dello Stato di diritto, il ripristino della legalità in un ambiente deteriorato e teatro spesso dell’attività di organizzazioni criminali pericolose e prive di ogni scrupolo, prive di qualsiasi freno inibitorio.
Il Ticino e i suoi cittadini possono accettare che questo mercimonio continui così come si è sviluppato negli ultimi decenni? Ci si è scordati di quanto avveniva qualche tempo fa (e sotto gli occhi di tutti) nel quartiere luganese di Loreto prima che una ragazza fosse uccisa? Nei pressi di casa mia, non moltissimo tempo fa, c’era un bordello: finalmente è stato chiuso, ma dopo un grave fatto di sangue ai danni di una prostituta. Non penso che si possa oggettivamente attendere i morti o le moribonde per intervenire, per porre un argine ad un degrado che stride con il comune senso non tanto del pudore, ma del buon senso, della tolleranza e della comprensione.
Nel corso della conferenza stampa promossa dal Ministero pubblico e dalla Polizia lo scorso mese di luglio per fare il punto sull’“Operazione Domino”, è stato detto con chiara determinazione che l’impresa non sarebbe terminata sin quando esisteranno esercizi pubblici in cui la prostituzione è svolta illegalmente e verrà riscontrato il reato di usura e quello di sfruttamento. A me pare che sia un messaggio che assume anche la valenza di un impegno civile.