Un tandem di articoli
Lo Stato, fra mafia e prostituzione
di Aldo Lafranchi
La Regione 05.01.2013
Coincidenza del tutto casuale, ‘laRegione’ del 5 dicembre u.s. riportava notizie di Locarno ( p. 15), Castione ( p. 22), Chiasso ( p. 26), alle prese con progetti di prostituzione. A Locarno il legislativo si pronuncerà su una modifica di Piano regolatore (Pr) che, se accolta, porterà alla costruzione di un centro a luci rosse a Riazzino. A Castione un referendum manda i cittadini a votare una variante di Pr che destina 13’500 mq ai bordelli. A Chiasso una modifica di Pr chiede luce verde per un terzo postribolo. A Locarno la sindaca Carla Speziali ha motivato la sua opposizione, augurandosi il sostegno del legislativo. A Castione una serata pubblica ha messo un paio di puntini sulle i: “La prostituzione ci porta in casa la mafia dell’Est e con essa violenza, corruzione, abuso” (Paolo Bernasconi, ex procuratore); “la prostituzione non è una necessità, è un problema” (Alfredo Bazzocco, già capitano della Polizia cantonale, esperto di prostituzione illegale). L’associazione Amiamo Chiasso ha chiesto al Municipio di “abbattere il muro dell’ipocrisia” sciogliendo “il vero nodo: lo sfruttamento della prostituzione e le concatenazioni di natura criminosa che vi si innestano”, a partire dalla tratta mafiosa delle ragazze dell’Est verso i bordelli dell’Ovest (quelle di 16 e 17 anni riservate alla Svizzera!), crimine fiorente denunciato puntualmente ogni Natale dai telegiornali. Rifugiandosi nello scetticismo e nell’impotenza, il Municipio di Chiasso ha invitato a “non farsi illusioni sulla portata della recente azione di ripristino della legalità in questo campo”, essendosi la magistratura limitata a “mettere a punto alcune procedure di natura esclusivamente formale”, per cui “molta strada rimane da percorrere”. In realtà la magistratura ha chiuso trenta bordelli, fermando o arrestando gestori. Per il Municipio di Chiasso la prostituzione rimane “una piaga”, certo, ma fatale, inevitabile, da subire alla stregua dei furti e di altri reati. Valutazione contestata dall’esperto di polizia: la prostituzione non è un fatale male necessario, è un problema, e come tutti i problemi chiede di essere risolto, non subìto. Se non è il caso “di farsi illusioni sul ripristino della legalità”, la modifica di Pr con la quale il Municipio di Chiasso spalanca la porta al terzo bordello è sostegno all’illegalità. A nessuno sfugge che la mossa favorisca e incrementi “la piaga”, allungando la già “molta strada che rimane da percorrere”. Che in Ticino sia l’ente pubblico a moltiplicare le opportunità di delinquere stendendo, a suon di modifiche di Pr, tappeti rossi a chi nei bordelli fa gli affari con i soldi delle prostitute che vengono dalla grande povertà dell’Est, lascia a dir poco esterrefatti. Si obietterà che l’esistenza di un postribolo dove le prostitute non vengano illegalmente sfruttate, almeno in teoria dovrebbe essere possibile se per legge la prostituzione è legale. Sarebbe certo interessante sapere di un bordello dove le prostitute si annunciano spontaneamente, non reclutate da nessun giro malavitoso, non spostate regolarmente da un bordello all’altro, dove il gestore non solo rinuncia a farsi ricco coi loro soldi, ma le protegge aprendo il locale soltanto a clienti gentili, educati, indicando la porta d’uscita ai rozzi, ai violenti, a chi puzza di vino o si presenta con vestiti sporchi. Pur assecondando “i gusti più facili e corrotti, gli istinti più bassi e volgari” (Devoto-Oli), quello, è vero, sarebbe un postribolo dove la prostituzione avviene finalmente in modo legale (da non confondere con lecito).
Luci rosse: quali garanzie contro lo sfruttamento?
di Eva Feistmann*
La Regione 05.01.2013
La proposta di definire a livello di piano regolatore una zona riservata alle attività a luci rosse, non ha trovato l’unanimità del Municipio di Locarno. La Signora Sindaco, rimasta in minoranza, ha espresso pubblicamente il suo dissenso.
Sappiamo che la prostituzione è attività legale a condizione che sia esercitata nel rispetto di regole precise. Regole che in pratica sono di difficile applicazione, dal momento che si è spesso alla presenza di ragazze giovani, ignoranti, prive di tutela sindacale ed esposte a pressioni e ricatti.
Il Gran Consiglio, chiamato nei primi anni Duemila a legiferare sull’argomento, ha faticato parecchio ad accordarsi su formulazioni accettabili a una maggioranza. Consapevole di muoversi su un terreno infido, dove la pratica non collima con la teoria. La quale vorrebbe che l’aspirante meretrice fosse in grado di decidere in piena autonomia e libertà. Condizione difficilmente verificabile quando la ‘mano d’opera’ disponibile sul mercato proviene da Paesi poveri e non di rado è adescata con promesse fasulle.
Le inchieste penali avviate recentemente soprattutto a Zurigo hanno portato alla luce scenari allucinanti di ragazze maltrattate, sfruttate da ruffiani legati a reti malavitose, nell’impossibilità di ribellarsi perché straniere senza permessi di lavoro e mezzi finanziari essendo i proventi delle loro prestazioni incassati dai loro aguzzini. Trattamenti che configurano chiaramente altrettante violazioni dei diritti umani.
Pare quindi piuttosto azzardato invocare un diritto di lavoro nei postriboli per queste donne originarie dall’Est europeo, Romania, Ungheria, Polonia ecc. – (il cui ingresso è ora facilitato dagli accordi sulla libera circolazione) –, paragonandole addirittura ai nostri avi costretti da stenti e disoccupazione a emigrare oltre oceano. Parere espresso dal criminologo Michel Venturelli che in un’intervista concessa a laRegioneTicino (‘Bordelli autorizzati o delinquenza’, 18 dicembre 2012), bacchetta l’Avv. Speziali per essersi distanziata “come donna e come madre” dalla maggioranza dei colleghi dell’esecutivo.
Se il mercato del sesso, tra l’altro legato a gravissimi rischi sanitari (Aids, in passato sifilide), fosse gestibile in modo trasparente e legalmente impeccabile, non avremmo bisogno di reclutare in Paesi lontani la mano d’opera fra poverette abbagliate dal miraggio del benessere consumistico.
L’esperienza insegna che la criminalità organizzata, specializzata nel traffico di esseri umani e di droghe pesanti, riesce a infiltrarsi anche negli stabilimenti in possesso di permessi regolari. Per il quartiere periferico toccato, che già accoglie infrastrutture ed attività altrove sgradite, si tratterebbe di un ennesimo regalo indesiderato. Nel dubbio, non potendo essere esclusi i rischi suaccennati, mi pare preferibile rinunciare alla modifica pianificatoria programmata.
*consigliera comunale Locarno