CdT 16.05.2014

Armando Dadò*

L’opinione

Il Piano, un postribolo internazionale?

Il Messaggio del Municipio di Locarno, approvato il 5 febbraio 2014 a maggioranza, con il voto contrario del sindaco Speziali e del municipale Scherrer, passerà alla storia come il Messaggio della vergogna. Si tratta infatti di un polpettone di duecento pagine, in cui viene proposta la modifica di PR della destinazione di alcuni terreni sul Piano di Magadino.

Le poche righe che contano, nascoste nel voluminoso malloppo, sono queste: «Il Messaggio identifica una zona in cui eventualmente ma non necessariamente (sic!) si potrebbe esercitare l’esercizio della prostituzione. L’Esecutivo ha ritenuto di dover affrontare il problema e di proporre una soluzione pragmatica e ponderata»  Bravi, belle parole.

Il resto delle considerazioni, e gli argomenti a sostegno del Messaggio sono polvere per gli orbi. Ma andiamo con ordine. Di fronte agli ostacoli che si stanno incontrando da più parti in Europa, la Svizzera ed il Ticino in particolare sono considerate, dagli specialisti del marketing bottegaio, terra ideale per l’esercizio del meretricio, e garanzia di un sacco di soldi a favore di quanti partecipano direttamente o indirettamente allo squallido negozio.

L’idea è quella di destinare il Piano di Magadino, già provvido granaio del Cantone, alla costruzione di nuovi modernissimi edifici , in modo da permettere di accogliere in massa la clientela diurna e notturna della Lombardia e del Piemonte che già arriva in gran quantità nel Ticino, ma che potrebbe

trovare un incremento sbalorditivo nei prossimi anni.

All’operazione parteciperanno in molti, giacché la fame è tanta. Non saranno più, ovviamente, le popolazioni ticinesi del Settecento e dell’Ottocento, che guardavano al Piano di Magadino, come ad una preziosa risorsa per il pane; ora nel secondo millennio, saranno gli affamati di soldi a racimolare il bottino. Quelli a cui l’odore stesso dei soldi, fa roteare le pupille e cacciare nel dimenticatoio ogni vago residuo di coscienza e di buon senso.

Si tratta di avvocati (fr 400.– all’ora + bonus), trafficanti, politici, agenti immobiliari, procacciatori di vario genere, proprietari di terreni, uomini che agiscono con il favore delle tenebre e tutto quel sottobosco della malavita, di cui di tanto in tanto parlano le cronache.

Il re degli ingenui, credeva che le ragazze fossero messe a disposizione dalla buona borghesia locarnese, bellinzonese e luganese.

No, non è così. La borghesia locale manda semmai le proprie fanciulle nei buoni istituti, master di raffinatezza, conoscenza delle lingue all’estero, soggiorni di specializzazione, conoscenze del mondo, frequentazioni delle boutiques di Armani e di Versace, con l’acquisto di scialli, gingilli e indumenti per ogni stagione.

Qui, per contro, occorre reclutare nel Quarto Stato. Non ovviamente rivolgendosi a quello famoso di Giuseppe Pellizza da Volpeda, ma a quello reale. Far capo al mercato estero, cercare la carne fresca nei paesi poveri e miserandi, imbonire le giovani donne con mille seducenti promesse e miraggi, con la possibilità di guadagnare qualche cosa.

Si tratta per la quasi totalità di ragazze giovanissime, che hanno subìto violenze, stupri, incesti, angherie di ogni genere, vittime della droga e della malavita.

La ricca Svizzera, paese in questo campo lassista ogni oltre nazione d’Europa, in quel clima di indifferenza e in quel miscuglio ideologico che è ben noto, permette di sfruttare i corpi a partire dalle sedicenni semianalfabete. La coscienza di quegli onorevoli propensi a cullarsi nell’indifferenza e nella convenienza che hanno approvato queste leggi, non è neppure sfiorata da questo problema: loro sono a posto, stanno bene, gli altri si arrangino. Non interessano.

Nel Locarnese, da tempo oramai l’imprenditore bramoso di istaurare il nuovo lupanare è tale Albertalli. Il soggetto già svolge questo ruolo con enormi profitti economici nel Sottoceneri. Dispone di soldi in modo consistente e gli «affari», laddove riesce a mettere le mani, prosperano a gonfie vele.

Gode ovviamente di una ragnatela di sostegno. Anche programmi solitamente seri della RSI gli hanno dato ripetutamente spazio, in modo da poter argomentare davanti al pubblico, quasi come un novello punto di riferimento del Paese. Accompagnato dal fido consulente Venturelli, non può mancare nel dibattito neppure la Rossi-Suini, oramai da tempo accucciata a Comano, come finta super parter della conoscenza. A far capire da che parte sta, semmai qualcuno avesse ancora un grammo di pallida incertezza. È quasi commovente questa disponibiltà televisiva. Coinvolgere un negoziante di carne umana, che parla delle sue attività che avrebbero la stessa nobiltà di quelle d’un onesto falegname o di un superstite contadino del Piano di Magadino: un po’ come capita di ascoltare nei dibattiti-pollaio così frequenti nei programmi televisivi italioti.

Sono oramai passati e sepolti gli anni in cui si potevano ascoltare dalle nostre reti, Guido Calgari, Francesco Chiesa, Piero Bianconi, oppure Giorgio Orelli, Raffaello Ceschi, Mario Agliati, Tita Carloni o Adriano Soldini.

Anni trascorsi: ora è la volta del ghigno inquietante dell’Albertalli. E qualcuno si sta chiedendo: come mai? Certo, quando parli con gli uomini intelligentissimi dei mezzi pubblici di informazione, ti rispondono solitamente citando una frase, fra le mille, scritte da Voltaire, nell’Antico Regime. Un gioco da seconda elementare.

Il metodo in voga , al quale non possono sfuggire neppure i fautori del nuovo PR, è quello di appellarsi alle consunte frasi fatte, usate e abusate in mille occasioni. Il mestiere più vecchio del mondo, lo permette la legge, è sempre stato così, e avanti di questo passo con la litanìa delle frasi fatte, dei luoghi comuni.

Che la prostituzione sia un dato di fatto, lo sa o lo intuisce anche un bambino. Così come esistono il furto, la rapina, il delitto, l’omicidio, la calunnia e tutte le negatività della vita. Qui si tratta di contenere questi mali nella misura del possibile, non di abolire quanto abolire può solo essere immaginato nelle teste dei sognatori.

Nel 2012 la magistratura, coadiuvata dalla polizia, ha chiuso nel Ticino 28 postriboli, ha arrestato 15 gestori e ha sequestrato enormi somme di denaro.

Ciò nonostante, di lupanari ne sono in funzione ancora molti più di quanti potrebbero al limite essere richiesti dalla «bisogna locale».

Già adesso, d’altro canto, arrivano da noi quotidianamente una marea di soggetti accaldati dal nord Italia. Desiderosi di svuotare il sacco. Quindi da nessun punto di vista si avverte la necessità di un incremento dei recapiti.

Non bisogna però scordare o sottovalutare le ragioni vere per cui si vorrebbe ricorrere all’ampliamento.

Pochi mesi or sono, in tre giorni di fiera del porno a Lugano (sponsorizzata massicciamente da radio e televisione pubblica!) gli organizzatori sono ritornati oltre San Gottardo con un bottino di 500.000 franchi.

Ed era solo una fiera. Una squallida fiera. Di fronte a queste cifre, le pupille dei Nostri si dilatano e la fantasia galoppa. Così si vorrebbe ora trasformare il Piano di Magadino in un centro interfrontaliero di commercio di carne umana. Dopo aver venduto le acque e i terreni, ora è il momento di mettere in vendita anche la dignità. Quel residuo di dignità che rimane. Ma per i soldi, quando sono tanti, si fa questo e altro.