Quéléa dal becco rosso
Da: Corriere delle Sera
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L' uccellino che ci insegna a
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vivere, da uomini
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Mainardi Danilo
02.11.2007
- l comportamento di alcuni volatili sembra riprodurre quello dell'umanita' nelle diverse fasi della sua storia L'uccellino che ci insegna a vivere, da uomini Imparare qualcosa dagli animali, utile per noi, e' sempre stato desiderio di molti. E' un esercizio un po' rischioso che mi e' tornato in mente considerando lo stile di vita di certi uccelli africani, i "lavoratori dal becco rosso". Poi, passando da una specie all'altra, m'e' parso di poter vedere quelli che sono stati, nella storia dell'umanita', i nostri principali stili di vita. Il "lavoratore dal becco rosso", uno dei tanti tessitori africani, e' straordinario per la sua capacita' di reclutare stormi di dimensioni allucinanti. Io che questi uccelli li ho visti spostarsi come nuvole nere, che li ho osservati tuffarsi assetati nelle pozze d'acqua, che li ho scoperti perseguitati da predatori sconcertati per l'eccesso di prede, non ho potuto non pensare ai biblici sciami delle cavallette. Immaginate voli di milioni di individui, e siccome i "lavoratori" si portano sul coltivo, sono considerati dagli agricoltori un vero flagello, perche' tutto distruggono. Ebbene, cio' che mi interessa sottolineare e' la strategia riproduttiva di questi uccelli. Perche' quanto piu' cibo c'e', tanti piu' figli fanno. Cosi', quando si preannunciano le grandi piogge che fanno dischiudere l'immensa quantita' di semi nascosta nel terreno, i "lavoratori" si organizzano in colonie sterminate e iniziano la dirompente riproduzione. Quella del "lavoratore" e' cio' che gli ecologi definiscono la strategia "r" nella sua estrema espressione, quella delle specie dette fuggitive. Un distruggi e fuggi. Le specie fuggitive, infatti, sono "sospinte da un posto all'altro a causa del loro legame con ambienti ecologicamente instabili". Occorre aggiungere che l'instabilita' puo' esser determinata dalle stesse specie che percio' poi devono fuggire. Mi ha fatto, questo stile di vita, pensare a un periodo determinante per la storia dell'umanita', quando, circa diecimila anni fa, inizio' l'addomesticamento di animali e piante. Con l'avvento della pastorizia e dell'agricoltura ebbe origine il primo, progressivo incremento delle risorse che ha consentito un parallelo incremento demografico, la conseguente nascita di villaggi e poi di citta'. Si potrebbe davvero dire che il presente e' iniziato allora, con la scomparsa del primigenio equilibrio e la partenza di quella che e' divenuta la strepitosa corsa moltiplicativa di numeri (e di conoscenze) che ci ha portati all'oggi. Ma, occorre rilevare, l'analogia col "lavoratore" e' precisamente datata, e riguarda solo quei primitivi agricoltori, perche' erano loro, come quel tessitore, i fuggitivi. A causa della carente tecnologia, infatti, erano distruttivi del terreno che coltivavano. Anche loro cioe' dovevano periodicamente spostarsi. Erano pochi pero': il loro stile di vita era ecologicamente tollerabile. E lo stesso puo' dirsi per i "lavoratori", che e' si' vero che pochi non sono, ma sono piccoli e geograficamente delimitati. E da qui posso, ancora riferendomi a noi, dare uno sguardo avanti oppure indietro. L'uomo per centinaia di migliaia di anni ha vissuto, per continuare con l'esercizio delle analogie, con la strategia dell'aquila. L'aquila e' in grado di programmare a priori la densita' delle sue popolazioni in modo da poter prelevare risorse dall'ambiente senza depauperarlo. Si tratta di una strategia, denominata "k", fondata su una distribuzione degli individui nell'ambiente in territori proporzionati, come dimensioni e produttivita', in modo da sostenere sia i riproduttori che la loro progenie. Un sistema a suo modo perfetto per mantenere una specie in equilibrio. Ebbene, per tutta la storia dell'umanita' fino all'avvento dell'agricoltura l'uomo ha vissuto come cacciatore - raccoglitore con una distribuzione territoriale di questo tipo, mantenendosi in equilibrio nella natura. E cosi' abbiamo visto due fasi del nostro passato: un lungo periodo vissuto da aquile (i cacciatori - raccoglitori), poi siamo divenuti "lavoratori" (i primitivi agricoltori). C'e', a questo proposito, un'importante considerazione da fare: l'uomo esprime la sua diversita', rispetto alle altre specie, proprio col suo poter passare rapidamente da una strategia a una diametralmente opposta perche' lui le strategie se le fabbrica culturalmente, mentre l'aquila e il "lavoratore" le hanno scritte dentro i loro geni. Ma finora abbiamo parlato del passato. L'uomo attuale si specchia in un'altra specie, il fringuello vampiro delle Galapagos. Lui, come noi, si evolve culturalmente. Percio' poche decine di anni fa ha potuto mettere in crisi le sule locali, uccelli che si evolvono biologicamente. Loro erano geneticamente adattate ad accoglierlo come un amico, perche' per un tempo immemorabile il fringuello si e' posato su di loro per liberarle da insetti e zecche. Poi, repentinamente scoprendo la possibilita' di dissanguarle, si e' trasformato da simbionte in parassita. E' divenuto un altro, per via della cultura, mentre loro sono ancora, per via della biologia, quelle di allora. Il caso ben esemplifica il rapporto attuale tra l'uomo e le altre specie. In altre parole con la sua rapida evoluzione culturale l'uomo rende gli altri viventi disadattati, perche' la biologia non tiene il passo della cultura. Nasce da qui il tremendo impatto dell'uomo sulla natura. C'e' infine un uccellino che, se vogliamo, puo' darci un suggerimento per il nostro futuro. E' la Scaphidura, un parassita sudamericano del nido che ha capito tutto. Ha infatti percepito che non gli conviene sfruttare troppo i propri ospiti, altrimenti, alla lunga, sono guai anche per lui. Cosi' li cura e li protegge. Il suggerimento, per noi, sarebbe questo: calmierare il nostro antropocentrismo. Pensare, come fa la Scaphidura, un poco alle altre specie. E non sarebbe un atto d'altruismo, ma un egoismo meno miope, piu' illuminato.*
Mainardi Danilo
02.11.2007